La scarpata

Tra gli interventi eseguiti da Maria Lai per la riconversione di alcune zone a rischio frane di Ulassai, vi è quello realizzato nei primi anni Novanta ai margini del paese in un declivio particolarmente suggestivo, all’epoca però ridotto a una discarica, ma che di lì a poco sarebbe diventato una delle testimonianze più significative dell’impegno dell’artista in ambito ambientale, ovvero La scarpata. Dopo un’inziale incertezza progettuale, Maria pensa per prima cosa di fermare questa discesa così ripida con del cemento armato e successivamente decide di raffigurarvi una grande geografia, o meglio «una specie di pagina che raccontasse la storia del mondo, dalla preistoria ad oggi.»  E così che in basso si rivengono, come in una sorta di scavo archeologico, delle pietre che simulano delle ossa antiche di un probabile dinosauro, al centro si trova un cielo stellato che vuole simboleggiare la partenza per l’infinito, mentre in cima alla scarpata si configura l’immagine di un radar al quale l’artista aveva attribuito il compito di catturare i raggi del sole, come una meridiana. 
La composizione finale dell’intervento venne però sconvolta da una forte folata di vento che all’improvviso scombinò tutti i ferri in cima alla scarpata. L’artista, sebbene avesse la possibilità di ripristinare gli elementi secondo quella che era l’idea originale, interpretò quanto accaduto come un segnale e decise pertanto di lasciare l’installazione con quell’apparente scompiglio in quanto, a suo avviso, poteva essere letto come una metafora dell’insicurezza che può dare oggi il mondo tecnologico.